Con Sekiro: Shadows Die Twice, From Software abbandona la saga dei Souls e, nello stesso modo in cui era accaduto con Bloodborne, non possiamo che essergli grati.
Sekiro offre la possibilità al team di andare verso altri lidi, sia di gameplay che di trama e il risultato è davvero straordinario.
Sekiro è difficilissimo, uno dei giochi più punitivi usciti negli ultimi anni, e non saranno in pochi coloro che abbandoneranno l’avventura del lupo perché Sekiro è troppo difficile.
Il gioco è però onesto e richiede semplicemente di scoprire le sue meccaniche, giocare d’astuzia e gestire al meglio gli scontri, sfruttando magari qualche trucchetto origliato nelle fasi di stealth.
Il web pullula già di ricerche, come battere Falena, come sconfiggere Ubriacone e così via, dimostrando come il gioco sia già diventato un cult della rete.
Siamo di fronte a una vero e proprio ritorno dei From come non mai, qualcosa di paragonabile all’arrivo di Daemon Souls.
Il gioco poi ha qualità non indifferenti, lo stile visivo è eccezionale, la storia molto bella e ben scritta, ricca di segreti e misteri oltre che di una rigiocabilità che deriva da alcune scelte che prenderemo nel corso dell’avventura.
La cosa più particolare è come non sarà tanto la crescita del personaggio a fare la differenza negli scontri, ma la crescita del giocatore.
Tornare alle fasi iniziali dopo aver affrontato alcuni dei boss più difficili di Sekiro, sarà una vera passeggiata, padroneggiando al massimo counter e parate di ogni genere.
Un capolavoro, che merita di essere giocato, anche si dovessero impiegare le fatidiche 60 ore di cui si parla in caso di morti ripetute di fronte ai boss più tremendi.
From Software dimostra finalmente come il mercato abbia bisogno di nuove IP e non di sequel continui che portano solo al solito “more of the same”.